La protesta

“Quando ho visto l’uomo bruciare, le fiamme erano già così alte che riuscivo a vedere solo l’espressione del suo viso (…) Prima che riuscissi a fare qualcosa, il giovane uomo circondato dalle fiamme corse dal muro sottostante il Museo al parapetto vicino alla mia auto, saltò sopra al parapetto dal marciapiede, quindi passò tra la mia vettura e la vettura MB 1000 alla mia sinistra, finì in strada e scomparve dietro un tram, che stava transitando dalla parte inferiore di Piazza San Venceslao in direzione del Museo”

Alla scioccante protesta di Palach assisterono numerosi testimoni, le cui deposizioni sono state conservate nel dossier d’inchiesta della Sicurezza Pubblica e consentono la dettagliata ricostruzione dei fatti. Il luogo aveva un aspetto molto diverso da quello odierno nel gennaio 1969. L’edificio principale del Museo Nazionale era parte integrante di Piazza San Venceslao, al tempo non ancora attraversata dall’arteria principale della città. Diverse linee del tram percorrevano la piazza; una delle fermate era proprio accanto alla statua di San Venceslao. Jan Palach si tolse il cappotto vicino al parapetto della fontana ed estrasse dalla sua cartella una bottiglia con l’etichetta “etere”. La aprì con un coltello, la portò al viso ed inspirò. Alla fontana si cosparse di benzina e si dette fuoco. Saltò il parapetto e poi corse tra le auto parcheggiate in direzione del monumento di San Venceslao. In seguito fu lievemente ferito dal tram in corsa. Probabilmente per questo motivo svoltò verso il negozio di alimentari “Dům potravin”, vicino al quale cadde sulla carreggiata e fu soccorso da alcuni passanti che spensero le fiamme con i loro cappotti. Su intimazione di Palach aprirono la cartella che aveva abbandonato vicino alla fontana e lessero la lettera. Alcuni minuti dopo arrivò sul posto l’ambulanza del Ministero degli interni, che era casualmente nelle vicinanze.

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Il giovane ustionato, che era ancora cosciente, fu dapprima portato all’ospedale in Karlovo naměstí. Qui tuttavia non furono in grado di assisterlo e l’ambulanza fu mandata in Legerova ulice, dove aveva sede all’epoca la Clinica di chirurgia plastica dell’ Ospedale universitario di Vinohrady, che aveva un reparto specializzato nella cura delle ustioni: qui fu ricoverato alle ore 14.45. Una volta portato nella sua stanza, riferì alle infermiere che il suo non era stato un suicidio, ma che si era dato fuoco per protesta , come i buddisti in Vietnam.

Sul luogo del gesto di Palach si raccolse una folta folla di gente. Arrivarono prontamente sul posto anche i pompieri e gli inquirenti della Sicurezza Pubblica, che interrogarono i primi testimoni e scattarono fotografie. Alla fontana trovarono sette frammenti di bottiglia e di un recipiente di plastica semibruciato. Trovarono sul luogo anche due fogli di carta formato A4, su cui un testimone della protesta di Palach aveva scritto ad inchiostro “Qua si è dato fuoco uno studente ventenne”. Gli agenti della Sicurezza Pubblica sequestrarono inoltre gli effetti personali di Palach, tra cui la lettera dove spiegava il suo gesto. Sulle basi della lettera gli inquirenti decisero in seguito di avviare un processo penale per reato di istigazione al suicidio. Solo due ore dopo il gesto di Palach l’Agenzia stampa cecoslovacca pubblicò una breve notizia sul suicidio di uno studente della Facoltà di lettere e filosofia, citando solo le iniziali di Palach.

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