Il monopolio del potere
“Così, dopo che la Cecoslovacchia fu liberata dal glorioso Esercito Sovietico, abbiamo nazionalizzato i mercati finanziari, l’industria pesante e le grandi industrie, abbiamo cacciato i tedeschi, e le terre, banche e fabbriche prima in loro possesso sono state date non ai signori cechi e slovacchi, ma ai contadini, agli operai e ai lavoratori autonomi cechi e slovacchi, ovvero alla nazione ceca e slovacca. Abbiamo spazzato via un sistema di polizia burocratico e avvicinato il popolo all’amministrazione pubblica istituendo i comitati nazionali; non abbiamo permesso la ricostituzione dei partiti reazionari esistenti prima degli Accordi di Monaco, partiti che erano strumento politico della grande borghesia ceca e slovacca; abbiamo istituito il governo del Fronte Nazionale, che doveva essere l’organo esecutivo delle unioni degli operai, dei contadini, dei lavoratori autonomi e dell’intelligencija. Tutto questo ha rimosso la vecchia classe governativa dal potere politico e l’ha colpita nel punto più sensibile: la proprietà privata. E nella nuova Repubblica popolare democratica il popolo ha cominciato a essere la vera fonte di tutto il potere.”
Discorso del Primo Ministro Klement Gottwald all’Assemblea Nazionale Costituente, 10 marzo 1948
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, pur essendo formalmente ancora in vigore la costituzione della Prima Repubblica, tutti i partiti politici in Cecoslovacchia concordarono che il sistema politico era profondamente mutato. Era anche cambiata significativamente la composizione della popolazione, per quanto riguarda la nazionalità. La nazionalizzazione era uno dei punti fondamentali dei programmi politici, anche se da partito a partito cambiava l’estensione con cui la si voleva attuare. Il numero dei partiti autorizzati, sia nella parte ceca che in quella slovacca della repubblica era stato radicalmente limitato, erano stati espulsi i partiti di destra attivi negli anni ’20 e ’30. Come già negli altri Stati sovietizzati, la principale organizzazione politica divenne il Fronte Nazionale dei Cechi e degli Slovacchi, che riuniva non solo i partiti politici autorizzati ma anche le associazioni sindacali, giovanili o ricreative. Nel corso del tempo i comunisti assunsero un ruolo dominante rispetto agli altri partiti e organizzazioni del Fronte Nazionale.
Dopo la crisi di governo agli inizi del 1948, il Partito compì un colpo di stato, per assicurarsi il monopolio del potere. Alle elezioni parlamentari del 30 maggio 1948, secondo i risultati ufficiali, i candidati del “ risorto” Fronte popolare ottennero la maggioranza assoluta dei voti.
In realtà le elezioni erano state completamente manipolate. Gradualmente venne ridotto al minimo il ruolo del parlamento, le sedute si tenevano due volte all’anno e duravano uno o due giorni. Il centro del potere fu trasferito alla sede del Partito Comunista Cecoslovacco. La presa di potere del partito portò con sé le epurazioni nell’amministrazione statale, nell’esercito e nelle università. Decine di migliaia di persone andarono in esilio dopo il febbraio 1948; altre migliaia furono condannate a lunghi anni di prigione o ai lavori forzati. Dal 1948 al 1960 duecentoquarantadue persone furono condannate a morte e giustiziate a seguito di processi politici. Le epurazioni toccarono significativamente il partito stesso. Tra i giustiziati ci fu anche Rudolf Slánský, Segretario Generale del Partito comunista cecoslovacco. Nel 1950, nell’ambito della lotta anti-religiosa, furono eliminati gli ordini monastici. Vennero proibiti centinaia di giornali e quotidiani. Dalle biblioteche pubbliche furono eliminati i libri degli autori scomodi. La collettivizzazione forzata mutò completamente la struttura sociale della campagna. L’imprenditoria privata in Cecoslovacchia fu gradualmente sradicata.
Nel 1946 il Partito comunista confermò il suo vantaggio alle elezioni parlamentari, pur non ottenendo la maggioranza assoluta e addirittura perdendo in Slovacchia.
Si giunse gradualmente a una relativa distensione della situazione politica a metà anni ’50. Preludio al cambiamento furono la morte di Josif Vissarionovič Stalin e di Klement Gottwald nella primavera del 1953. Nello stesso anno ebbero luogo le più grandi proteste conto il regime, che scoppiarono dopo l’annuncio della riforma monetaria. Ma la vera svolta avvenne con il 20° Congresso del Partito Comunista Sovietico nel febbraio 1956, nel corso del quale il nuovo leader sovietico Nikita Sergejevič Chruščov condannò la politica dittatoriale di Stalin. In Cecoslovacchia testimonianza del cambiamento fu la celebrazione, il 20 maggio 1956, a Praga e in altre città ceche, della tradizionale festa studentesca di “Majáles“ , proibita in epoca staliniana. Gli osservatori internazionali videro nei “Majáles“ la prima opportunità di esprimere la propria opinione politica per la popolazione messa a tacere fino ad allora. Circa centomila persone parteciparono ad un corteo festante nella capitale. Gli slogan criticavano i politici, l’amministrazione dello Stato e la censura. Dopo la repressione della rivolta ungherese ebbe fine anche in Cecoslovacchia il periodo di distensione del regime.